“Esiste un nutrimento biologico che risponde alla necessità di sopravvivenza, un nutrimento affettivo che risponde al bisogno di alleanza e un nutrimento sociale che risponde ai bisogni di sentirsi accettati e parte di una comunità.”
Queste varietà di forme di nutrimento sono tra di loro interconnesse e si influenzano a vicenda, anche se spesso si ha la tendenza a vederle in modo separato, senza pensare che la salute fisica e psicologica siano tra di loro strettamente legate.
Ecco perchè vorrei fare una riflessione sull’importanza dell’aiuto che la figura nutrizionale e psicologica possono avere insieme.
Nel mio ruolo di nutrizionista che si occupa principalmente di nutrimento biologico cerco di soddisfare il desiderio di chi si rivolge a me, di trovare/ritrovare un equilibrio nel rapporto con il cibo, rendere il percorso uno stile di vita consapevole, non fatto di rinunce, ma di scelte ragionate.
Un lavoro che si concentra principalmente sul cibo stesso, rassicurando la persona su quelle che sono le convinzioni sbagliate inerenti all’alimentazione, sull’ascolto della fame e sazietà, sui pregiudizi legati alle calorie, ai cibi “sani” e “malsani”, ma anche far comprendere quali sono le abitudini che possono essere modificate in funzione ad alcune particolari patologie o situazioni di salute compromessa.
Nello stesso tempo, però, noto che chi si affida a me nutre spesso una speranza di riscatto, di rinascita, un punto di partenza verso un cambiamento che spesso va ben oltre il nutrimento biologico e che sfocia in un nutrimento e fame legata alle emozioni.
Il cibo si può intrecciare ai ricordi, alla famiglia, alle emozioni, ma è quando si perde il controllo di questa componente che spesso il rapporto con esso può diventare complicato.
La fame legata alle emozioni è quindi una fame che nasce da un bisogno diverso da quello “energetico” e saperla riconoscere può essere d’aiuto per prendersi cura di questo bisogno, nel modo più consono possibile.
Se la fame emotiva diventa importante, quasi un ostacolo che si pone tra il paziente e il suo obiettivo, la figura del nutrizionista può non bastare.
A chi si può chiedere aiuto quindi?
Se la sfera del cibo e del corpo si intreccia alle nostre emozioni, al vissuto, alla realtà familiare, ai ricordi, al nostro presente, ecco che la figura dello psicologo diventa preziosa, spesso indispensabile per ritrovare il proprio valore che va al di là della taglia corporea, di ciò che mettiamo nel piatto.
A tal proposito la Dott.ssa Roberta Pagliara ci può aiutare a comprendere meglio il suo ruolo e come questo si può intrecciare in modo costruttivo a quello del nutrizionista.
“Come psicoterapeuta mi capita di incontrare molte persone che spesso hanno storie faticose di infinite diete, di interventi chirurgici, di alimentazione molto restrittiva. Mi sono resa conto che per molte di queste è più facile affrontare e gestire degli aspetti “concreti” di sè, perchè si ha la sensazione chiara che si sta facendo qualcosa di tangibile, perchè si può vedere un cambiamento reale, visibile ai propri occhi e a quelli degli altri.”
Per questo, quando si vuole perdere peso, è logico e più facile rivolgersi alla figura del nutrizionista con l’obiettivo di perdere quei chili che da tanto, alle volte da troppo tempo, ci portiamo addosso.
Il professionista ci prescrive un piano alimentare, magari con tanto di materiale scritto e dettagliato dei piatti da cucinare, eppure non riusciamo a perdere nemmeno un etto, oppure perdiamo peso per un po’, ma poco dopo recuperiamo.
E allora si prova a cambiare professionista, contattando il nutrizionista di grido del momento, perchè, se è davvero bravo come tutti dicono, sicuramente riuscirà a farci perdere peso!!
Su queste figure vengono proiettate tantissime speranze: “questa è la volta buona! Da domani cambio regime! Da domani inizio a seguire la dieta alla lettera!”
Promesse che poi nella realtà non si verificano e ogni volta arriva una grande frustrazione, il senso di aver fallito ancora una volta, che si aggiunge a tutto quello già vissuto in passato.
Ma dietro a quell’incapacità di controllare l’impulso di mangiare, dietro quei chili di troppo, spesso c’è ben altro:
- c’è una tristezza che non è mai stata vista;
- c’è una rabbia che non è mai stata espressa;
- c’è un vuoto emotivo che non è mai stato accudito;
- c’è del dolore che non è mai stato accolto e sostenuto, c’è la paura di essere abbandonati.
E’ è proprio in questi casi che il cibo diventa un elemento che va a nutrire tutte queste emozioni, diventando un nutrimento affettivo.
Con la consapevolezza di tutto ciò, diventa prezioso ed importante trovare il coraggio di farsi aiutare anche dal punto di vista psicologico.
E’ una dimensione molto più sottile quella emotiva, apparentemente meno concreta, ma molto presente.
Come psicologi possiamo aiutare a “disimparare” quei meccanismi, che hanno radici profonde, legate alla storia personale di ognuno e che hanno portato ad abbinare e a nutrire un’emozione con il cibo.
Solo trovando il coraggio di farsi aiutare, senza la paura di fallire sarà possibile costruire un “nuovo schema” a livello cerebrale che permetta di andare a gestire quelle emozioni in modo sano senza dover ricorrere al cibo.
In particolare andando a sostenere quelle emozioni che sono state poco espresse sarà possibile creare un cambiamento, che sicuro diventerà concreto e visibile anche sul piano corporeo, perdendo quei chili tanto desiderati.
Questo è il vero senso della collaborazione tra le due figure nutrizionista e psicoterapeuta che lavorando insieme possono aiutare a trovare quegli schemi disfunzionali di fame emotiva e a riequilibrare l’alimentazione che è certamente uno degli aspetti del nostro nutrimento, ma non l’unico.
Dott.ssa Erika Coccon Biologa Nutrizionista
Dott.ssa Roberta Pagliara Psicologa e Psicoterapeuta Funzionale – www.robertapagliara.com –